4
Penisola Sorrentina
Torca

 

Ospitalità 

 

Escursioni

 

 

 

 

Scrivimi a: theoricaclub@outlook.it

 














Mappa interattiva

Torca video 1

Torca video 2

Link S.Agata sui due Golfi
Link Crapolla

Toponimo Torca e

Crapolla

 

Foto gallery

Torca Comune autonomo

Scandalo nel 1815

Torchesi rapiti dai Turchi

Abitanti nel 1489

 

L'abbazia e la chiesa di

San Pietro a Crapolla


Confraternita di

San Filippo Neri

 

La strada per S.Agata

ABBADIA DI SAN PIETRO A CRAPOLLA
Grande importanza ebbe nei secoli remoti quest'antichissima abbadia, il cui abbate si fregiava di mitra e pastorale. Da prima era un monastero di Benedettini neri, ma distrutto questo, essa venne ridotta in commenda e si conferiva dal Sommo Pontefice, molto spesso a Cardinali. Non fu mai nè di regio patronato, nè di barone. Le più antiche notizie del monastero le troviamo in due pergamene del sec. XII, appartenenti all'archivio della SS. Trinità delle Monache di Amalfi. La prima è dell'anno 1l l l e vi si nomina il monastero Capreolae ed una terra che esso possedeva in territorio di Massa Pubblica. L'altra è il testamento di Zarsia, figlia di Bernardo Comite, nel quale la testatrice fa un legato tra gli altri, al monasterio Caprolis (sic) in data 10 maggio 1190.
Il più antico abbate di cui abbiam notizia, Fra' Giovanni, viveva nei primi del trecento, e ce ne giunge il nome a causa di un' audace aggressione di cui fu oggetto da parte del sorrentino Bartolomeo Sersale, e per cui Carlo II d'Angiò il 20 gennaio 1306 spedì da Napoli una lettera tendente a garantire la sicurezza del religioso. Appartiene probabilmente allo stesso quel suggello in bronzo che f'u trovato pochi anni or sono, e nel quale è rappresentato entro incorniciatura a mandorla l'abbate, avente mitra sul capo, nella sinistra una casa raffigurante l'Abbadia, nella destra il pastorale, ed in giro in caratteri neogotici, la scritta: « S. lohis. Di. gra. Abbis. Mon. Sci. Pet. d. Capriola.»; ciò che vuoI dire: «Sigillum lohannis Dei gratia Abbatis Monasterii Sancti Petri de Capriola». Verso la fine dello stesso secolo n'era l' abbate un altro Bartolomeo Sersale di Sorrento. Al pari di tutte le Abbadie importanti del Medio Evo, questa possedeva nelle sue vaste terre molti vassalli; ed era antica consuetudine che, ogni qual volta si eleggeva il nuovo abbate, l'autorità sovrana ordinasse ai suoi ufficiali di assicurare i diritti del nuovo dignitario sui vassalli del monastero, obbligando quelli a prestare un giuramento.
L'antico monastero fu soppresso nella prima metà del secolo XV, ed il beneficio ridotto in commenda , poichè già nel 1447 l'Abbadia era posseduta dal Cardinal Niccolò Acciapaccia di Sorrento . Nel 1490 era abbate Bartolomeo Gazzo, che restaurò la chiesa. Verso il 1530 possedeva il beneficio Tomaso d' Afeltra, il quale morì quarantenne e fu sepolto nella stessa chiesa di S.Pietro. Egli però prima di morire rinunziò l'Abbadia al suo congiunto Pier Jacopo d'Afeltro, per concessione di Paolo III (1534-49). Ma anche questi rinunziò e si ammogliò (1548). Allora il nuovo Pontefice Giulio III ne commendò Giulio d'Afeltro, fratello del rinunziante, con bolla del 24 febbraio 1549 e con l'obbligo di spendere un terzo delle rendite in restauri ai fabbricati ed in elemosine. Ottenne l'exequatur il 6 agosto 1552. Questo abbate il 15 maggio 1567 prendeva parte ad un sinodo tenuto dall'arcivescovo sorrentino Fra' Giulio Pavesi. Ma gravi liti dovette sopportare in seguito col clerico spagnolo Fabrizio della Penna, il quale, lasciando credere che il beneficio fosse vacante, riuscì ad ottenere una bolla di concessione il 12 marzo 1585. Il card. Geronimo Ferrario di Sorrento, incaricato dell'esecuzione delle lettere apostoliche, mandò a S. Pietro, il 5 aprile il not. Lelio Martinez a prenderne possesso per il Della Penna, Quegli trovato il d'Afeltro gli lesse un ordine dell'Arcivescovo di consegnar l'Abbadia, sotto pena di duc. 2000 e scomunica in caso di disobbedienza! Riferì poi un testimone che, ciò sentendo, «lo povero homo dello abbate giulio sentendose ad pena de scomunicatione se achiayò, et se ne partì subbito ». Recatosi quindi alla chiesa il Martinez ne fece forzare la porta e ne prese possesso. Il d' Afeltro ricorse e dopo un certo tempo (6 luglio) riuscì ad avere un decreto del Cappellano Maggiore, che lo rimetteva in possesso. Ma il furbo spagnuolo fece pervenire aI Pontefice gravissime accuse sul conto dell'abbate, il quale fu chiamato a Roma a scolparsi, e poi fu rinchiuso nelle carceri della Curia arcivescovile di Napoli. E così il Della Penna potè facilmente ottenere che la S. Sede lo riconoscesse come abbate di Crapolla il 13 gennaio 1586, ottenendone nuovamente exequatur il 1° febbraio.
In questo processo, del pari che in tutti i documenti del sec. XIV, questa Abbadia è detta Surrentine Diocesis; era invalso però l'uso che i vescovi di Massa vi visitassero, poichè in fatti essa stava in territorio lubrense (Torca). Tuttavia l'abbate ogni anno il 1° maggio recavasi a Sorrento a prestare obbedienza all'Arcivescovo. Ora avvenne che continuando i vescovi di Massa a visitare, l'Arcivescovo Del Pezzo pretese rivendicare tale diritto, e ne sorse gran lite nel 1653 tra lui e mons. De Juliis. La Causa fu prima portata alla S. Congregazione dei Concilii e poi davanti al Nunzio Apostolico di Napoli, mons. Sperelli, il quale udite le parti giudicò col principio uti possedistis ita possideatis e trovandosi il vescovo lubrense in possesso della visita e della giurisdizione, il Del Pezzo dovette cedere.
Ma nuova lite mosse l'Arcivescovo Petra dopo varii anni a mons. Nepita, il quale ci lasciò scritto non essere stato correttissimo il contegno del suo avversario nella controversia, poichè avvalendosi di sue relazioni aveva sprovvisto il vescovo di Massa di tutti i suoi documenti. Ma venuto in Massa nella primavera del 1696 mons. Scotto, ponente della causa in Rota, si convinse essere stati ingannati i giudici dai procuratori dell'Arcivescovo, ed il Nepita finì per avere ragione. In qnesto periodo gli abbati erano stati, prima il Card. Rospigliosi, che fu poi Sommo Pontefice col nome di Clemente IX, e al tempo del Nepita lo era il Card. Cantelmo. Questi possedette l'Abbadia fino ai primi del settecento e, al dire del Pacichelli, la restaurò. Il suo successore fu monsignor Filippo Anastasio, poi arcivescovo di Sorrento: avendo questi rifiutate le Chiese di Manfredonia e di Conza, offertegli da Clemente XI, ebbe concessa da quel Pontefice l'Abbadia di Crapolla, ciò che vale a dimostrarne l'importanza.
Dopo la possedette il Card. Antonino Sersale, Arcivescovo di Napoli; e, morto lui nel 1775, fu conferita a mons. Tomaso Battiloro vescovo Claudianopolitano in partibus. Nel 1776, con bolla del 26 febbraio, il clerico Giovanni Cirillo ottenne sulle rendite dell' Abbadia an. duc. 100. Morto il Battiloro nel 1787 l'Abbadia fu devoluta alla Corona; ed il Re la conferì, il 30 marzo 1788, all' abbate D. Carlo Foullon, il quale chiese ed ottenne di essere sgravato della pensione del Cirillo con Dispaccio del 19 luglio 1788. Ma dietro ricorso del pensionato e consulta di Cam. Reale, fu revocato quel dispaccio. Questo Foullon fu l'ultimo abbate di S. Pietro, e mori a Venezia sul principio dello scorso secolo. A S. Pietro a Crapolla si celebrava la festa nel secondo giorno dopo la Pasqua, con gran solennità. Vi cantavano la messa i canonici di Massa, ed andava a predicarvi colui che aveva predicato nella Quadragesima nella Cattedrale. Contribuiva validamente alle spese anche l'Università. Racconta il Parrino che nel giorno di Pasqua vi si recavano molte barche a pescare, e poi se ne tornavano cantando litanie. E rammenterò pure una costumanza durata fino agli ultimi tempi, per la quale la confraternita di S. Pietro della chiesa di S. Eufemia o S. Antonio di Sorrento ogni anno si portava processionalmente a quest'Abbadia, e l'Abbate la riceveva e la teneva a mensa .
Aveva quest'Abbadia vasti possedimenti nei territorii di Massa e di Vico, e vi possedeva due grancie, l'una di S. Giacomo (poi palazzo Sersale) alla Pedara, e l'altra dei SS. Filippo e Giacomo a Massa Equana. Tutti questi beni eran posti rigorosamente sotto la protezione dell' autorità civile ed ecclesiastica. Così troviamo un bando fatto il 29 ottobre 1585, per ordine del Gran Giustiziero, a Vico, a Massa Equana, a S. Agata ed a Crapolla, con l'ingiunzione che nessuno si permettesse di entrare nelle masserie della Badia, nè mandarvi animali, sotto pena di once 25! Ed il Card. Pallotta lanciò una bolla di scomunica contro chi osasse occuparle. Le rendite ed i provventi dell'Abbadia nel 1548 si trovavano tassati, nei libri della Camera Apostolica, a circa 66 fiorini d'oro. Verso la metà del secolo XVII essa aveva più di mille ducati di rendita; e al tempo del Nepita (1691) ne aveva 1500. Ma diminuirono assai nel secolo XVIII, poichè non erano che di 480 ducati nel 1788, quantunque raggiungessero circa i duc. 680 nel 1802. Dopo la morte dell'ultimo abbate la rendita venne incassata dall'arcidiocesi di Sorrento.

   Sorgeva l'Abbadia poco ad occidente della piccola marina di Crapolla (Torca), l'antica Capreolae, Ove era una villa romana, a circa 40 metri sul mare, sopra un piccolo e scosceso promontorio, dove ancora oggi se ne vedono i ruderi. Il fabbricato dell' antico monastero stava ancora in buone condizioni nel 1583, allorchè lo visitò mons. Palma, il quale vide « antiquas domus patruum Benedictinorum, quorum erat Abbatia antiquitus », e trovò tanto le camere superiori che inferiori «bene detentas». I dormitorii dei monaci furon veduti pure da mons. Asprella nel 1603, e dal Persico; ed il Nepita nel 1685 visitò, dopo la chiesa, l'atrio contiguo, dal quale si saliva all' olim refettorio dei monaci, e discese al Succorpo, che era ornato di pitture di Santi Benedettini. Il Pacichelli, il Panino e l'Alfano (1795) parlano dell' Abbadia come esistente; ma essa doveva esser già mezza rovinata, come può scorgersi dai documenti dell'epoca. AI tempo dei Francesi, come attestavano i vecchi del paese, era completamente distrutta


Chiesa di San Pietro a Crapolla

 La chiesa apparteneva alla celebre abbadia, e fu edificata su un tempio pagano. Era costruita a tre navi, con colonne di marmo dipinto, ed aveva il pavimento a mosaico. Dai pochi ruderi che rimangono si riconosce chiaramente la chiesa, che stava ad oriente del monastero. Aveva forma rettangolare di circa m. 16x8. Due colonne granitiche, di piccola dimensione, abbattute tra il materiale della volta crollata, dimostrano perfettamente essere appartenute ciascuna ad una delle due file di colonne dividenti le tre navi. Aveva al chiesa un piccolo pronao, con tre porte corrispondenti alle tre navi, che davano nell'atrio chiuso del monastero. Era orna di affreschi. Abolito il monastero, prendeva cura del tempio un cappellano, che vi teneva l'abbate.

Fonti: Storia di Massa Lubrense di Riccardo Filangieri di Candida del 1910;

 


Libri di
Angelo Terminiello

Storie del Borgo di Torca

La Venerabile Parrocchiale Chiesa di San Tommaso Apostolo di Torca




Torca - Fatti e Persone d'altri Tempi
Storia della Confraternita del
SS. Rosario e di San Filippo Neri di Torca

 

 

 




 

BENVENUTI A TORCA -------- © Sito realizzato da Angelo Terminiello - theoricaclub@outlook.it